04/10/2024
Data la loro lunghezza alcuni Poemi ed elogi li abbiamo trascritti in pagine singole:
Nel libro "Taverne famose napoletane" viene citato Giambattista del Tufo (fine decimosesto secolo) che dedica ad una celebre taverna napoletana, detta del Crispano, i seguenti versi:
Qui vedreste un che tosto
V’accomoda l’arrosto
Lardiandolo pian pian come conviene,
L’altro poi sopravviene
Quasi con piume ed ale,
E vi distende a tavola il mensale.
Quell’altro porta il sale,
E in un canton della bella osteria
Con garbo e leggiadria
Lavar vedreste a tutti i passaggieri
Le tazze, le carrafe e li bicchieri,
Empiendoli di quei celesti vini
Chiari piu che rubini
Di diversi colori
Splendidi quanto agli ori.
Talché ad un batter d’occhio,
a un cenno solo
Sete serviti a volo...
Ma se non sazia è bene
La donna o l’uomo a cui pur voglia viene
D’altro mangiar corre al medesmo istante
E vi pon l'oste cento pesci avante.
Tolte le carne, i pesci e l’altre cose
Rimaste avanti a chi cenando siede,
Con parole amorose
Alza con fretta il piede
E tosto torna e reca innanzi a tutti
Cento sorte di frutti:
Mele, pere, uva, passi, antrite e nuce,
Castagne verdi, dattili e nocelle,
Fichi secchi e soscelle,
E di più poi v'adduce
Senza troppe parole
Oltre il buon cacio, vallane e verole,
Carcioffole e cardon con pepe e sale
Terratufo, finocchi e caviale...
In una novella di Franco Sacchetti si parla di un tale, chiamato Testa, proposto del priore di Todi, "che avea per usanza ogni mattina di cominciare di bere a buon’ora" e un giorno, "perchè 'l vino non gli facesse noia, e anco per poter bere meglio, prese una fetta di carne salata, e con uno pane sotto se n’andò alla cucina" e la mise sulla brace. Purtroppo venne chiamato da messer Guglielmo, luogotenente di papa Urbano V e suo nipote, per partecipare ad una riunione e, "per non perdere quella sua arrosticciana o carbonata che vogliamo dire", la mise nel pane e la infilò nella tasca. Non riusci però a gustarsela perché il cane di Guglielmo "andava pur col muso fiutando a uno a uno, e poi si fermava al proposto, e più volte andandogli intorno, ora levandosi ritto, e ora intrandogli sotto il mantello, e alcune volte ulolava". Alla fine, non potendone più, messer Testa lanciò a malincuore la carne cotta al cane, dicendogli: "E tu te l'abbi a nome del diavolo!"
L'ostessa raccomanda: vino e atmosfera
Straniero, vuoi procedere esausto nella polvere cocente, anziché riposarti davanti a un calice di vino? Qui abbiamo botti e brocche in abbondanza, qui arpe e flautl, calici e fiori, e fresca si inarca la pergola [...].
Vino locale abbiamo, appena spillato dalla botte, qui accanto una sorgente, che incanta col suo gorgoglio [...] Allora, vino e dadi! Chi si cura del domani! Alle spalle ci incalza la morte che mormora: "Vivi io non mi tengo alla larga!».
L'inno al vino
Er vino è sempre vino, Lutucarda:
indove vòi trovà più mejo cosa?
Ma guarda qui si che colore!, guarda!
Nun pare un’ambra? Senza un fir de posa!
Questo t’aridà forza, t’ariscarda,
te fa vieni la voja d’èsse sposa:
e va, si magni ‘na quaja-lommarda,
un goccetto e arifai bocc’odorosa.
E bono asciutto, dorce, tonnarello,
solo e cor pane in zuppa, e. si è sincero,
te se confà a lo stommico e ar ciarvello.
È bono bianco, è bono rosso e nero;
de Genzano, d’Orvieto e Viganello:
ma l’este-este è un paradiso vero! (G. Belli)
ONORE AI VINI ITALIANI
Un giorno di Marzemino, al primo Chiaretto d'Alba, camminavo nella
Champagne dell'Oltrepo' Pavese, in mezzo al Nebbiolo.
Il tempo era un Inferno, il cielo Verdicchio tendente al Grignolino.
Mi riparai sotto un Pinot e lì incontrai una Soave Donna Fugata che aveva un vestito molto Rose'.
Non essendo Recioto, bensì fieramente Spumante le diedi un Dolcetto bacio sul bianco Collio e senza Sfurzat le Tocai la Barbera della Bonarda.
Subito il mio Merlot, che non e' ancora Passito, divenne così Durello che assomigliava a un Cannonau, ma lei non volle che andassi oltre.
Deluso e Rosso di Borgogna le dissi: "Chardonnay moi, madame".
E con l'Amarone in bocca e un Groppello in gola mi arrangiai da solo.
E Sauvignon de Brut.
...il DI-VIN poeta....
E una sera lo spirito del vino cantò
nei fiaschi: Io t'amo, o Uomo, orfano
eterno, e di sotto i vermigli sigilli
del mio vetro, a te disciolgo un inno
luminoso e fraterno!
[Baudelaire]