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Buffet

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Il buffet è tipico di Trieste. E’ un locale dove a qualunque ora del giorno si può mangiare di tutto, dai bolliti ai dolci. E’ un’arte allestire i buffet e i triestini ne sono grandi maestri e soprattutto frequentatori. Non si ritrova in nessuna altra parte d’Italia un locale del genere. Perché un conto sono i bar e gli snack bar dove ti propongono i soliti tramezzini, panini, vassoi di affettati, fantasie di formaggi e di insalate e primi piatti tristemente anonimi perché surgelati e “riportati in vita” al momento; e un conto sono i buffet triestini dove trovi oltre a questo di tutto e di più. I loro menu alla "caldaia" sono unici. Da quei pignattoni estraggono di tutto: bolliti, prosciutti, salsicce e crauti che accompagnano con salsa al cren; e ancora jota, gulasch, knödel con speck o prugne. E poi ci sono i dolci tipici: pinza e putizza (presnitz) e naturalmente anche i dolci più classici. Insomma: se alle quattro del pomeriggio sei in giro stanco e affamato, ti puoi sedere a questi lunghi tavoloni di legno e goderti un generoso spuntino.

Qui si avverte la predilezione per gli antichi sapori mitteleuropei: cotechino, porzina (carne di maiale) con una grattugiata di kren, pancetta, prosciutto cotto, costine.

I buffet triestini sono un'istituzione, retaggio delle usanze austroungariche di cui la città va ancora fiera: non ci sarà mai fast-food all'americana o pub finto-irlandese o paninoteca capace di scalzare i modesti, popolari, economici buffet triestini, frequentati tanto dall'operaio sceso a scaldarsi dalle transenne di un cantiere vicino quanto dalla signora in pelliccia di visone che si fa un "rebechin" (lo spuntino triestino) prima di andare all'Opera; tanto dagli studenti che hanno marinato scuola quanto dai pensionati che cercano un caldo rifugio per leggersi in santa pace il giornale. No, i buffet triestini, almeno fintantoché esisterà la bora, resisteranno alle mode e alle manie esterofile. Si entra dunque, fazzoletto in mano, gli occhiali appannati dal passaggio freddo-caldo: e si viene subito investiti, come in una sauna, da un getto di caldi vapori acquei profumati non d'incenso ma... di porcina. Non ci sarebbero infatti i buffet se non esistesse la porcina, un piatto tutto e solamente triestino, anche se sicuramente ha origini più vaste e affonda i suoi natali in lontane tradizioni mitteleuropee. Si fa presto a dire porcina (o porzina, se lo pronunciate come i triestini "delle alte", con l'inflessione slovena). Ma non è affatto semplice: anzi, è un piatto umile, ma di quelli che in casa sono (quasi) impossibili da realizzare. Non lo troverete citato in alcun manuale di gastronomia, ancorché dedicata alla "cucina del territorio" locale, se non andando forse a spulciare in qualche vecchio testo ormai dimenticato nella liberia antiquaria che fu di Saba (via San Nicolò): non è piatto da servire in una cena importante, non dà lustro al cuoco o alla padrona di casa. Meglio così.

La porcina dunque, per i puristi, è semplicemente la carne fresca della coppa del maiale (quella dalla quale si ricava, insaccandola, l'ossocollo). Un pezzo di carne rosea, venata di sottili filamenti di grasso (se è magra diventa stopposa) sui due-tre chili di peso, che viene fatta altrettanto semplicemente bollire intera in acqua e un po' di sale. Anzi: sobbollire piano piano. "Per almeno due ore, anche tre, e non servono né cipolla, né sedano o carota"  ........... Ed ecco il secondo segreto: la porcina ...... viene messa a sobbollire in un magma gelatinoso che risale alla notte dei tempi: è il brodo talvolta sgrassato, spesso allungato con altra acqua bollente, ma ben raramente sostituito. E' questo brodo che conferisce sapore alla porcina, perché assieme al maiale fresco vengono messi a sobbollire cotechini, lingue salmistrate, zampetti e orecchie salati, costicine e carrè (kaiserfleish) affumicati, e poi pancetta e salsicce... potreste farlo in casa? ............ un assaggio di tutto compone il mitico "misto caldaia", versione triestina del "Bauernshmaus" bavarese. Si accompagna con senape cremosa ....... e una generosa grattuggiata di Kren (rafano) fresco sulla carne fumante. I principi del rafano, sublimando sulla carne calda, vi aprono naso e gola meglio di qualunque areosol: ma attenti al piccante perché il rafano a crudo non scherza. ......... trovate anche ottimi wurstel (che i trestini, bastian contrari, chiamano "luganighe de Vienna" e non Frankfurter), e salsicce di Cragno (da Kranj, cittadina slovena: sono a grana grossa, affumicate). ........ Non resta che l'imbarazzo della scelta. E ricordate che la porcina, di rigore, prevede solo un contorno di crauti ("capuzzi garbi") e una birra alla spina. Ma qui è concesso rompere con le tradizioni degli avi e farsi stappare una buona bottiglia: ...... non solo fra i buffet (che Dio li conservi).

da: http://www.papagenonline.it

Il gestore si chiama: Bepj, Tonj, Rosa, ecc.