04/12/2024
OSTERIE E LOCANDE A PALMANOVA (UD)
Osterie, locande, taverne, cantine, malvasie, magazeni, furatole, erano numerosissimi. Erano i luoghi in cui passare il tempo e in cui annegare nel vino i propri risparmi e i propri problemi. Nomi suggestivi e curiosi che racchiudono nelle loro insegne una parte della storia della fortezza di Palmanova.
Fin dalla fondazione Palma aveva acquisito una "brutta fama" per le difficoltà di popolare una fortezza creata dal nulla. Insieme a pochi abitanti delle ville vicine si trovavano a convivere alla fine del ‘500 soldati provenienti dai più disparati angoli del dominio veneto, zappatori, mercenari, forestieri e relegati "al confino" per debiti e motivi politici. Possiamo immaginare quale genere di persone ospitassero le prime osterie di Palma, luoghi principali di ritrovo e spesso unici momenti di svago, dove tutti i poveri risparmi venivano annegati dentro un boccale di vino. Gli osti erano spesso improvvisati, persone che si inventavano un mestiere attratti dai facili guadagni. Non è troppo difficile immaginare anche quale poteva essere l'atmosfera di quei luoghi, i profumi (più o meno piacevoli), l’illuminazione, l’arredamento, le grida, l’intenso vociare fatto di friulano, ma anche di veneto, di greco, di tedesco. Com’erano dunque queste prime osterie? Secondo una terminologia dello Zorzi, che riprende la dicitura veneziana, Hostaria significava un tempo quello che oggi si intende per "albergo" e insieme "ristorante". Fino al ‘700 a Venezia sussistevano varie denominazioni:
1) Osteria e Locanda, dove si poteva mangiare e bere;
2) Taverna, dove si vendeva il vino all’ingrosso;
3) Caneva o Cantina, dove si vendeva vino al minuto e si poteva bere ma non mangiare;
4) Malvasia, dove si potevano bere scelti vini di Grecia, con botti di varie dimensioni una sopra l’altra come arredamento e frequentata da persone di ogni rango;
5) Bastioni o Magazeni, con clientela di infima classe e basso rango, senza l’uso della cucina. Qui si vendeva vino al minuto e si esercitava l‘usura dando pessimo vino in cambio;
6) Furatola, dove si mangiava senza bere; era una piccola bottega simile a quella dei pizzicagnoli;
7) Samarchi o Samarcheti (per il leone di S. Marco effigiato) erano spacci dei bastioni.
A questi termini, validi anche per Palma, bisogna aggiungere inoltre la Frasca, più tipicamente friulana, simile all’osteria, ma non sempre con la presenza del cibo e segnalata da un tipico "fuscello" a mo’ di insegna, il Cantinon, variante della cantina, ed infine la Bettola, pressoché analoga al bastione visto in precedenza.
Mettere su osteria a Palmanova
Fatte queste dovute precisazioni, e ricordando che i locali si "evolveranno" successivamente in alberghi, caffè e bar, andiamo a scorrere per sommi capi la storia di questi luoghi così particolari, molti dei quali scomparsi o poco conosciuti. Fra la miriade di documenti d’archivio, testimonianze, processi di polizia o
dell’inquisizione, dispacci e legislazioni cercheremo di mettere in luce gli avvenimenti più emblematici ed a volte curiosi di osti e osterie a Palma, seguendo i mutamenti delle dominazioni fino ai giorni nostri.
Alla fine del ’500, sotto la Serenissima, per mettere su osteria a Palma bastava utilizzare una stanza (all’inizio in baracche di legno con tetto di paglia) o dividere la propria abitazione con un tramezzo, arredarla con una tavola sorretta da due cavalletti a cui si univano panche o sgabelli. Delle candele o delle torce rischiaravano il buio notturno e nel migliore dei casi un caminetto riscaldava il locale.
Come risulta dagli atti processuali, nel 1594 l’oste Agostino da Verona, abitante a Sottoselva (villaggio limitrofo a Palma), rientrando alle due di mattina nella sua osteria affittatagli da un certo Giacomo Crovato si accorge di aver subito un furto e voltandosi "...verso una immagine, o pitura d’lddio che era attaccata in un muro, (...) diresse queste parole (cioè) Domenedio beccofotuto, così mi tien conto della mia robba, perché ti tengo in casa? Io ti manderò sulle forche".
Dalle deposizioni di vari testimoni si evince che il detto Agostino non doveva essere uno stinco di santo visto che era stato prigioniero per 15 anni in mano ai Turchi e non "frequentava" le chiese, venendo considerato come "malisimo christiano" e sospetto rinnegatore della fede dall`inquisitore di Udine. Tra le persone che accoglieva in osteria c’erano "molti guastatori" (presenti a Palma per i lavori relativi alla fortezza) ed anche "... un altro veronese chiamato Vincenzo, (che) giocando alle carte, disse biastemando xto (Cristo) becco".
Oltre al gioco delle carte, (spesso contraffatte o di contrabbando) e a quello d’azzardo sono numerosi nelle osterie di Palma (per tutto il periodo veneto ed oltre) anche furti, risse, duelli, uccisioni. Da un altro processo si evince che nel 1659 l’osteria in borgo Marittimo All’Insegna di San Marco (la prima in fortezza di cui si abbia notizia fin dal 1606) e tenuta da un certo Alberto Dentale "di Natione Todescha ... di anni 33 o 34 in circa, rosso in faccia, di statura alta e di capelli e barba bionda". L’oste, contrariato da una richiesta di pagamento, a causa di una multa di "lire 25 per aver venduto il vino nella sua osteria senza il solito bollettino costumato", esclama, all'interno del pubblico forno di Palma: "Puttanazza di Dio, sanguinaccio di Dio, e altre simili enorme Biasteme".
La Fraglia degli osti
Il 15 aprile 1672 viene ufficialmente istituita a Palma la Fraglia degli Osti, una congregazione o corporazione per salvaguardare professionalmente gli osti e la qualità del vino. Il giorno dopo vengono matricolati ben 13 osti a Palma (4 in "Borgo di Udine", 2 in "Borgo di Cividal", 1 "in strada dietro il domo", 3 in Borgo Marittimo", 3 "in Piazza e strada Savorgnana") ed altri 2 a Palmada. Per entrare in fraglia si paga una quota d’iscrizione variabile in base al tipo di osteria, si celebrano funzioni religiose in onore della SS. Annunziata (la patrona) in cambio di finanziamenti e mutua assistenza. Esiste poi una vera e propria regolamentazione per evitare abusi di esercizio e consumo illecito di vino scadente o "forestiero". Ogni oste deve giurare in Cancelleria che il vino verrà smerciato per uso delle famiglie dentro la fortezza, notificandone quantità e variazioni tramite bolle che verranno controllate regolarmente, pena multe o processi.
Da una pagina del libro degli Osti relativa al 1766 "Che ogni e qualunque Abitante possa vender Vino e Refosco nella propria Casa dal giorno di S. Michele fino il giorno di S. Martino senza alcun agravio e contradizione".
Nel 1795 il provveditore generale Sebastian Giulio Giustinian decreta l'imposta di un bezzo (soldo), valida per un decennio, da pagare per ogni boccale di vino smerciato al minuto nella fortezza di Palma e nei tre comuni del suo circondario. Le quote serviranno "a vantaggio e comodo della popolazione per la sussistenza delle Pubbliche Scuole" che così potranno pagare i professori e permettere ai figli dei palmarini di poterle frequentare gratuitamente.
Vita d'osteria e gastronomia
Dopo la caduta di Venezia nel 1797 si alternano nel giro di pochi anni prima le truppe napoleoniche e poi quelle austriache, creando agli osti di Palma analoghi problemi di obbligatoria sussistenza, mantenimento ed alloggio delle truppe dopo la requisizione dei locali.
Con la seconda occupazione francese del 1805 l’antica fraglia degli osti (come tutte le altre confraternite) viene abolita, ma l’attività delle osterie non diminuisce, grazie ai continui arrivi di contingenti militari. La gastronomia cittadina è influenzata anche dall'immigrazione dei cittadini delle tre ville circonvicine entrati a Palma dopo la distruzione delle loro case per l’allargamento della fortificazione. Accanto alle zuppe di verdure, polenta, orzo, riso o legumi comuni all'area veneta e friulana, si possono gustare nelle osterie frittate o baccalà per i giorni di "magro", oppure salame, "musetto", "lucaniche", oltre a carne di manzo, vitello, pollame e prugne di Schiavonia.
Da calmieri dei prezzi e "mercuriali" dell’epoca troviamo in alcune locande il pane "francese", e non è da escludere che si mangiasse "alla francese" nell`osteria di "Nanet Baillo, nativa nella comune di Surreloir (nel) Dipartimento della Mosella (che) da quattro anni circa... esercita l’Arte dell’Oste in questa Comune..." come si legge in una licenza rilasciata nel 1811 a Palma.
Quanto ai vini, erano già arrivati fin dal ‘7OO i vitigni dalla Francia come i rossi Cabernet franc e sauvignon dalla zona di Bordeaux o ancora il Merlot, che aveva in Friuli la sua seconda terra di elezione e che era coltivato anche nelle terre attorno alla fortezza. I bianchi francesi arrivati da noi erano il Pinot (bianco e grigio) ed il Sauvignon. L`unico vino autoctono di cui si abbia notizia sicura é il forte e rosso Refosco, mentre si trovano tracce di vini arrivati a Palma dalle Puglie. Altre bevande presenti le acquaviti ed i rosoli.
Osterie e polizia
Molte sono le notizie che escono dai documenti di Polizia su avvenimenti, dispute e perlustrazioni in osterie, locande ed alberghi della città. Se i controlli sanitari sulla qualità dei vini erano effettuati con celerità, non c'era controllo completo sui problemi che quotidianamente scoppiavano nelle bettole. La prostituzione era uno di questi problemi. Da una lettera inviata da un gendarme di Ontagnano al Podestà di Palmanova si legge che verso le 10.30 di sera in fortezza ..."si ritrovava l’osteria della signora Grazia Mociuti aperta esistendo avenuto un festegio che sembravano un solene postribulo...". A questo punto il gendarme invita la donna a far uscire i "clienti" e chiudere la porta, ma dopo mezz’ora tutto come prima "... con entro il medesimo susuro...". ll gendarme entra ed ordina di chiudere subito l’osteria, pena un rapporto all’autorità. La donna per difendersi sostiene falsamente che lo stesso Podestà "... abbi spedito in sua osteria due buttane in alloggio, e che non poteva liberarsi delle persone"!
Nonostante i regolamenti ordinassero la chiusura dei locali ad ore precise al suono "della Campana Maggiore" del Duomo, spesso venivano pescati gestori inadempienti o gente della peggior risma, ricercati, ladri, giovani in età di coscrizione senza documenti, sospetti cospiratori o disertori. L'incompatibilità tra civili e militari scoppiava spesso in risse. All’Osteria dell’Ancora nel 1811 l’Oste Giovanni Gobessi sospettando che un sergente degli Zappatori abbia una relazione con la moglie, finge di partire per Udine nascondendosi in osteria. Alle 2.30 di notte vede "... in fatto che il Sargente stesso accompagnò Ia propria moglie nella camera matrimoniale..". Non avendo il coraggio di spaventarli fa solo qualche rumore che serve a far scappare il sergente dalla finestra "spoglio com’era, ma però coi vestiti alla mano". Qualche giorno dopo il sergente si presenta nella sua osteria in compagnia di due militari ed ordinata la cena provoca l’oste in mille modi riguardo al pagamento e senza che l’oste dica una parola gli si avventa contro (assieme agli altri due) picchiandolo a sangue a forza di pugni.
L'attuale edificio della Banca Popolare Udinese ospitava negli stessi anni il "Caffè del Teatro" così chiamato per la sua vicinanza col cosiddetto Teatro della Loggia o del Salone (ora monumento ai Caduti). Il Caffè si chiamerà poi nel 1848 "Caffè Pio IX" (ospitando tra i suoi tavoli le riunioni dei cospiratori anti austriaci), poi "Caffè Cavalieri" ed infine sino ai recenti anni ’5O "Caffè Centrale" con tanto di biliardi ed interni ricercati.
Ai primi dell’800 l’Albergo più importante della città è "Alla Bella Venezia", posto in Piazza Grande e conosciuto anche come "Al Buon Bernardo" per la fama del suo gestore. Nel frattempo gli avvenimenti precipitano ed ai francesi seguono gli austriaci, che nel 1814 entrano in fortezza dopo un duro assedio.
Con gli austriaci requisizioni e controlli si susseguono di frequente. L’imperial Regio Comando chiede al Podestà dettagliati rapporti sulla situazione politica e lo stato delle cose in fortezza. Coi nuovi codici dei delitti e delle trasgressioni, pene e sanzioni vengono inflitte ad osti e locandieri "che danno ricettacolo alla libidine", ai giochi proibiti e all'ubriacatura molesta. Nel frattempo "Alla Bella Venezia" l’ostessa Caterina Precioso (moglie del buon Bernardo) scrive numerose lettere al Podestà per denunciare che ufficiali e capitani austriaci alloggiati nel suo locale, con cavalli e servitù occupano tutte le stanze per molto tempo senza pagare, rientrando tardi e facendo rumore "... e la Locanda sembra divenuta una caserma". Sempre nel 1814 si legge da un elenco delle licenze dei pubblici esercizi che ci sono anche la Locanda della Pace, la Bettola della Zucca, l`Osteria alla Colomba, quella di S. Barbara e quella della Campana (o Campana d’Oro), l'unica ancora esistente ed attiva in Borgo Udine (di un‘altra Osteria alla Campana in Borgo Marittimo si ha notizia già dal 1607!). Nel "caldo" 1848 sono attive a Palmanova anche le osterie Al Leon Bianco, Al Vapore, Al Cervo (che diventerà "Cervo d’Oro"), All’Insegna del Pastor, All’Insegna della Fortuna (rimasta attiva fino agli anni ‘70), All’Angelo, Al Tirolese.
La licenza d’0steria della Campana d’Oro é composta di ben 11 articoli o regole precise. "L’apertura dell'esercizio non potrà farsi prima dello spuntare dell'alba, e dovrà chiudersi alle are 12 pomeridiane. Non saranno permessi mai giochi di azzardo o d'invito, e della morra, e le feste da ballo non potranno aver luogo senza regolare permesso nemmeno a porte chiuse. (...) Nel caso di riscaldate questioni e risse, di minacce, di bestemmie, di comparsa di forestieri sospetti ecc. dovrà l’esercente adoprarsi per mantenere in ogni modo la quiete, il buon ordine, ed il buon costume, denunciando poi con prontezza all'Autorità locale ogni disordine, ed ogni osservabile emergenza, per li convenienti ripari (...)".
Dall'osteria al bar
Dopo l’Unita d’Italia Palmanova riceve la visita di Garibaldi nel 1867. In Borgo Udine, non lontano dalla porta, esiste la Trattoria "Al Cappello" che sembra derivi il suo nome proprio dal copricapo dell’"eroe dei due mondi". Nel 1897-99 sono presenti inoltre nuove osterie con nomi curiosi: in borgo Cividale si può bere Alla Buona Vite, Al Pomo d’Oro, Alla Fenice, Alla Fratellanza, All’Antico Gambero, All’Aurora, All‘Ancona d’Oro, Alla Luna o all’Albergo Stella d’Oro; in borgo Udine si può andare All’Aquila, Alla Frasca, Alla Rosa d`Oro, Al Pizzicagnolo, Alla Bella Torino, Alla Citta d’Udine, Alla Speranza (attualmente Enoteca ai Provveditori) Alla Colombella e Alla Bella Marina; in borgo Aquileia troviamo le osterie Alla Torre, Al Baccaro, Al Buon Contadino, Al Barese, Alle Privative, Al Cavallino, Al Bersagliere e All’Aquila Nera. Ed inoltre in contrada Barbaro c'è l'Osteria al Pavone, in via Corner quella Alla Nave, in contrada Contarini Alla Fratellanza e Al Leon D`Oro, in contrada Villachiara All`Arco Celeste e Alla Bella Italia ed ancora in Piazza si possono trovare i locali Alla Società Operaia e All’Aurora. Si beveva parecchio in quegli anni! Col nuovo secolo l’illuminazione elettrica entra anche nelle osterie, come in quella "Da Siore Adele", che diventa ricettacolo di irredentisti in procinto di partire con documenti falsi. La birra e la grappa hanno il loro momento d'oro e si ha notizia che un medico di Palmanova invia come ringraziamento a Giosuè Carducci una cassa di bottiglie di vino! Con il mercato del lunedì le osterie palmarine si riempiono di avventori venuti a gustare le tipiche trippe, mentre nasce il culto dell'aperitivo e dei nuovi analcolici.