09/12/2024
E’ nato prima l’aceto o il vino? Probabilmente il primo vino prodotto dall’uomo sicuramente era simile all’aceto che noi conosciamo oggi. Ancora di più potrebbe essere che alcuni vini particolarmente acidi diventassero aceto. Di sicuro già 8000 anni prima di Cristo ritrovamenti egizi testimoniano l’impiego dell’aceto come medicinale disinfettante e, allungato con acqua di fonte, anche dissetante. La storia dell’Antica Roma racconta dei militi che facevano grande uso dell’aceto, durante le campagne militari ogni legionario romano veniva fornito di una dotazione personale di aceto, per utilizzarlo come dissetante, allungato con l’acqua, per la pulizia del corpo e delle ferite. Per gli antichi quindi l’aceto era un alimento importante, alcuni lo consigliavano per i malanni più disparati, come anti infiammatorio nelle piaghe e nelle ferite, oppure per curare i problemi dell’apparato respiratorio; è cosi che lo ritroviamo negli scritti di Plauto, Plinio, nei trattati di Ippocrate, nel grande libro che è la sacra Bibbia da cui si deduce degli innumerevoli pregi che vengono attribuiti a questa bevanda sia curativa che alimentare. Molto apprezzato nelle tavole imbandite dei Romani e dei Greci tanto che vicino ad ogni commensale non mancava mai l’acetabolo, una ciotola piena di aceto aromatico dove ognuno intingeva dei pezzetti di pane. Lo si utilizzava inoltre per condire le “acetarie”, l’attuale pinzimonio, fatto di insalate miste di carne e verdure, o di sole verdure, servite di solito come intermezzo tra una pietanza e l’altra. L’aceto serviva inoltre per condire il “moretum”, una pietanza tipica consumata prima delle battaglie, a base di aglio, cipolla, ruta, formaggio di capra e coriandolo, condita con olio e aceto. Il termine aceto deriva dal latino “acetum”, participio perfetto del verbo “aceo”, che significa inacidire, ma ancora più chiaro diventa il termine che in francese indica l’aceto, vinaigre, vinum acre, da cui la derivazione in spagnolo vinagre e l’inglese vinegar. Condimento acido che serve a condire alimenti buoni oppure per coprire alimenti avariati o andati a male, duplice scopo per un unico effetto.
Ecco come un calice di aceto racconta millenni di storia.
Nel Medioevo l’arte nella preparazione dell’aceto cominciò ad affinarsi. Le prime industrie acetaie nacquero con lo sviluppo dei liberi comuni, con l’avvento delle corporazioni artigiane. Nacquero così le prime “Corporazioni dei fabbricanti di aceto”, i cui appartenenti dovevano giurare di non divulgare i segreti inerenti la produzione. L’alchimia della acetificazione si diffuse rapidamente, attraverso ricette ritenute segrete, quindi rese “appetibili”, in modo del tutto empirico. Si diffuse largamente anche come componente della cucina rinascimentale, usato in numerose ricette, ed il suo largo uso fece sì che la produzione non rimanesse esclusivamente appannaggio delle singole famiglie aristocratiche e benestanti. Vasto impiego aveva inoltre come disinfettante durante le epidemie, per sterilizzare i corpi, gli oggetti e le monete venute a contatto con soggetti infetti.
Quindi di grande aiuto anche nei neri periodi di pestilenza, nell’ottocento veniva usato nell’alimentazione, nella cura di alcune malattie, per detergere oggetti contaminati e purificare l’aria.. In questo periodo è fra i rimedi preferiti dalle signore per rinvenire da perdite dei sensi causate da busti troppo stretti o per curare l’emicrania mentre nelle case veniva lasciato in una scodella vicino al capezzale di un malato per evitare un eventuale contagio da parte di un visitatore che lo andava a trovare. Partendo dall’enunciazione di “Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”, Antoine-Laurent de Lavoisier ( 1743 – 1794), francese indicato come il padre della chimica moderna, dimostra che è l’aria l’agente responsabile di questa ulteriore fermentazione del vino, ed un suo collega inglese, Humphrey Davy, riporta, nella prima metà dell’ottocento, che l’acetificazione è dovuta alla trasformazione in acido acetico dell’alcool contenuto nel vino. Magari il primo aceto piuttosto che dall’ uva è stato ottenuto da frutti come fichi, prugne, datteri, pieni di zuccheri che, caduti dall’albero, e con il caldo della giornata, si sono inaciditi prima ancora di diventare secchi, ottenendo cosi una purea fermentata degli zuccheri a contatto con l’aria. L’aceto è dunque un prodotto della fermentazione di liquidi debolmente alcolici, si può ricavare anche dalla fermentazione di succhi di frutta, di cerali, di frutti di bosco, fichi e persino di miele, anche se l’aceto per antonomasia è l’aceto di vino. Dopo la scoperta del fenomeno della fermentazione acetica, fu evidente che qualsiasi liquido alcolico era in grado di diventare aceto e quindi furono sperimentati nuovi metodi di produzione. Nacquero così le prime industrie che si prefiggevano di sostituire l’aceto di vino con l’aceto di alcool, dove la scelta fu dettata anche dall’esigenza di far fronte all’emergenza verificatasi a causa della fillossera, un parassita che, a cavallo tra il XIX e XX secolo, danneggiò seriamente i vigneti e la conseguente produzione di vino in tutta Europa.
I VARI ACETI
Aceto classico: è ricavato da vino da tavola non invecchiato; viene fatto fermentare rapidamente e stagionato da 2 a 6 mesi, quindi filtrato e chiarificato.
Aceto di qualità: viene prodotto con vini pregiati, fatti fermentare lentamente e poi lasciati riposare per 8 mesi circa in botti di legno.
Aceti speciali: sono diversi dai precedenti per il metodo di lavorazione o per l’aggiunta di altri ingredienti.
Aceti tipici: per esempio, sono gli aceti medicati, ottenuti aggiungendo o lasciando in infusione sostanze medicamentose, come la canfora.
Aceto di mele: molto conosciuto nei paesi del nord Europa, si ottiene dalla fermentazione del succo di mele in botti di rovere, e viene invecchiato anche per 6 mesi.
Aceto di miele: si ottiene dall’idromele, il prodotto della fermentazione alcolica naturale del miele in acqua; per preparare questo aceto si utilizzano gli stessi batteri dell’aceto di vino e, dopo alcuni mesi di stagionatura, si ottiene un prodotto delicatissimo e profumato, che mantiene anche i componenti tipici del miele di partenza.
Aceto di riso: il migliore, quello che viene dal Giappone, deriva dalla fermentazione di riso e dai residuati di sakè (il vino di riso) opportunamente allungati con acqua per attenuarne l'acidità.
Aceti aromatizzati: si tratta di aceti speciali di qualità, a cui vengono aggiunte spezie ed erbe aromatiche in modo da creare una scelta ampia e differenziare l’uso in gastronomia (l’aceto alle erbe fini , al dragoncello, piccante , l’aceto al pepe nero, dal colore rosso rubino intenso, al basilico, l’aceto al lampone, rosso con riflessi brillanti).
(con il prezioso contributo del Sig. F. Valicenti del "LunaRossa" in Terranova di Pollino - PZ)